Nelle operazioni di cessione in blocco di crediti ai sensi dell’art. 4 della legge n. 130/1999, trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 58, commi 2, 3 e 4, del Testo Unico Bancario. Tali norme impongono alla banca cessionaria di rendere pubblica l’avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Con tale forma di pubblicità si producono, nei confronti dei debitori ceduti, gli effetti di notifica previsti dall’art. 1264 c.c., rendendo la cessione opponibile erga omnes.
Secondo un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità, chi agisce in giudizio dichiarandosi cessionario del credito in virtù di un’operazione di cessione in blocco ex art. 58 TUB ha l’onere di dimostrare che il credito oggetto di lite sia effettivamente compreso tra quelli trasferiti, fornendo dunque prova documentale della propria legittimazione sostanziale.
Tuttavia, la Suprema Corte ha progressivamente attenuato l’onere probatorio in capo al cessionario, rilevando che la disciplina dell’art. 58 TUB costituisce una deroga al regime civilistico ordinario in materia di cessione del credito. La peculiarità di tale disciplina risiede nella natura dell’oggetto trasferito: non singoli crediti individuati puntualmente, ma insiemi omogenei di rapporti giuridici, beni e crediti, accomunati da caratteristiche oggettive o soggettive. Per tale ragione, la legge consente di sostituire la notifica individuale dell’atto di cessione con la pubblicazione di un avviso sulla Gazzetta Ufficiale, eventualmente integrata da ulteriori forme di pubblicità.
Di conseguenza, ai fini della prova della titolarità del credito, è sufficiente la produzione dell’avviso di pubblicazione che indichi per categorie i rapporti ceduti, purché questi siano identificabili senza incertezze. Spetta, in ogni caso, al giudice di merito valutare l’idoneità di tale documentazione a comprovare la legittimazione del cessionario.
La giurisprudenza ha inoltre chiarito che, qualora il debitore ceduto contesti l’esistenza del contratto originario, la sola prova della pubblicazione dell’avviso di cessione non è sufficiente: il giudice deve procedere a una valutazione complessiva delle risultanze di fatto, potendo attribuire alla pubblicazione solo un valore indiziario.
Va infine ricordato che, ai sensi dell’art. 111 c.p.c., qualora il diritto oggetto di causa sia trasferito per atto tra vivi a titolo particolare nel corso del processo, quest’ultimo prosegue tra le parti originarie, salvo intervento volontario o chiamata in causa del successore.
In conclusione, il soggetto che si afferma cessionario del credito è tenuto a dimostrare, oltre all’esistenza del rapporto originario, l’inclusione del credito nel perimetro della cessione in blocco, salvo che la controparte ne abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuto la titolarità. Nel caso di specie, la Corte di cassazione ha rilevato che il giudice di merito non aveva accertato né la sussistenza del contratto originario né l’effettiva ricomprensione del credito opposto tra quelli ceduti in blocco, con conseguente vizio nella motivazione della decisione impugnata.



