Il presente approfondimento trae spunto da una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 7243 del 18 marzo 2024) secondo la quale “[…] Dall'omessa iscrizione nell'albo ex art. 106 T.U.B. del soggetto concretamente incaricato della riscossione dei crediti non deriva alcuna invalidità, pur potendo tale mancanza assumere rilievo sul diverso piano del rapporto con l'autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici (titolo VIII, capo I, del T.U.B.)”. Occorre fin da subito precisare che la Cassazione si è espressa con riguardo alle possibili conseguenze derivanti sul piano civilistico dalla violazione di alcune disposizioni della legge 130/1999 (cd. legge in materia di cartolarizzazione) e dell’art. 106 TUB. Prima di esaminare brevemente il contenuto dell’ordinanza, appare opportuno analizzare la normativa di riferimento in materia di cartolarizzazione richiamata dalla Cassazione, nonché gli orientamenti dell’Autorità di vigilanza e della giurisprudenza di merito con riguardo all’attività svolta dal cd. Sub-Servicer che si occupa, nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione, del recupero dei crediti, su incarico del Master Servicer. Tale attività, come è noto, viene svolta nella prassi anche da società di recupero non vigilate dalla Banca d’Italia in possesso di licenza di recupero stragiudiziale dei crediti ex art. 115 TULPS. |
Main text*
1. Premessa. Il presente approfondimento trae spunto da una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 7243 del 18 marzo 2024) secondo la quale “[…] Dall'omessa iscrizione nell'albo ex art. 106 T.U.B. del soggetto concretamente incaricato della riscossione dei crediti non deriva alcuna invalidità, pur potendo tale mancanza assumere rilievo sul diverso piano del rapporto con l'autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici (titolo VIII, capo I, del T.U.B.)”. Occorre fin da subito precisare che la Cassazione si è espressa con riguardo alle possibili conseguenze derivanti sul piano civilistico dalla violazione di alcune disposizioni della legge 130/1999 (cd. legge in materia di cartolarizzazione) e dell’art. 106 TUB. Prima di esaminare brevemente il contenuto dell’ordinanza, appare opportuno analizzare la normativa di riferimento in materia di cartolarizzazione richiamata dalla Cassazione, nonché gli orientamenti dell’Autorità di vigilanza e della giurisprudenza di merito con riguardo all’attività svolta dal cd. Sub-Servicer che si occupa, nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione, del recupero dei crediti, su incarico del Master Servicer. Tale attività, come è noto, viene svolta nella prassi anche da società di recupero non vigilate dalla Banca d’Italia in possesso di licenza di recupero stragiudiziale dei crediti ex art. 115 TULPS.
2. L’art. 2, comma 6, della legge 130/1999: gli orientamenti della Banca d’Italia. Occorre prendere le mosse dal disposto di cui all’art. 2, comma 6, L. 130/1999 secondo il quale: “I servizi indicati nel comma 3, lettera c)” (quelli, dunque, di riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento) “possono essere svolti da banche o da intermediari finanziari iscritti nell'albo previsto dall'articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385. Gli altri soggetti che intendono prestare i servizi indicati nel comma 3, lettera c) … saranno tenuti a chiedere … l'iscrizione nell'albo previsto dall'articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, anche qualora non esercitino le attività elencate nel comma 1 del medesimo articolo purché possiedano i relativi requisiti.” Tale disposizione riconosce, dunque, una riserva a favore di soggetti vigilati con riguardo all’attività di “riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento”. Al riguardo, è opportuno segnalare che:
i) la Banca d’Italia, ai sensi del Titolo III, Capitolo 1, Sezione VII, paragrafo 5.1, della Circolare 288/2015, consente espressamente l’esternalizzazione di attività connesse con la riscossione dei crediti ceduti e con i servizi di cassa e pagamento purché “il contratto di esternalizzazione preveda espressamente che il servicer sia abilitato ad effettuare periodiche verifiche sui soggetti incaricati volte a riscontrare l’accuratezza delle loro segnalazioni, a individuare eventuali carenze operative o frodi e ad accertare la qualità ed efficacia delle procedure di incasso”;
ii) con riferimento alla possibilità di sub-delega di specifiche attività di recupero dei crediti, la Banca d’Italia, con la Comunicazione dell’11 novembre 2021, ha ritenuto legittime “le prassi caratterizzate da una netta distinzione tra il c.d. “master servicer”, soggetto vigilato responsabile dei soli compiti di garanzia, non delegabili, previsti alla legge n. 130/1999 e lo “special servicer” titolare della licenza ex art. 115 TULPS.
Sicché, concludendo sul punto, il Servicer può legittimamente attribuire a terzi compiti di natura operativa, purché quelli di garanzia permangano in suo capo.
3. (Segue) … e gli orientamenti della giurisprudenza di merito. Coerentemente con quanto si è detto in precedenza, la giurisprudenza di merito ha espressamente ritenuto legittima la sub-delega dell’attività di recupero ad un soggetto titolare di licenza ex art. 115. In particolare, come è stato evidenziato, nelle operazioni di cartolarizzazione “l’incarico di recuperare i crediti viene prima affidato ad un master servicer (che è un intermediario finanziario ex art. 106 TUB o una banca) e solo in un secondo momento sub-affidato allo special servicer […]. Ebbene, l’intermediario finanziario (o l’ente creditizio) è già soggetto a vigilanza e dunque il master servicer si qualifica come soggetto autorizzato e lo special servicer, autorizzato ex art. 115 TULPS, è da considerarsi un mero fornitore di servizi di gestione dei crediti”[1]. Orienta nel senso sopracitato, altresì, la pronuncia del Tribunale di Monza del 22 gennaio 2024 secondo cui “l'art. 2, comma 6, I. 130/1999 è una norma imperativa che prevede che l'attività di riscossione dei crediti di cui sono titolari le società veicolo sia "riservata" ai soli soggetti iscritti all'albo degli intermediari finanziari di cui all'art. 106 t.u.b. (salva la facoltà di subdelega delle operazioni di riscossione ai cd. subservicer, i quali possono anche non essere iscritti all'albo ma operano sotto la responsabilità del servicer)”[2]. Da ultimo, il Tribunale di Busto Arstizio, del 16 febbraio 2024 ha chiarito “che in caso di attività di recupero del credito eventualmente delegate a un sub servicer, la mancata iscrizione del sub servicer all’Albo di cui all’art. 106 TUB non inficia la legittimazione ad agire del soggetto delegato”. Tuttavia, non si può non evidenziare che una parte della giurisprudenza di merito ha aderito ad una impostazione diversa secondo la quale “in presenza di credito cartolarizzato, l’attività di recupero credito può e deve essere svolta solo dalla società vigilata, e cioè iscritta all’Albo ex art. 106 TUB, con la conseguenza che i soggetti non iscritti non sono legittimati a tale attività di recupero del credito e che la relativa delega (pur formalmente presente) è certamente nulla (…)”[3] . Tale giurisprudenza si concentra, da un lato su una interpretazione strettamente letterale del dettato normativo, e dall’altro non tiene in considerazione le posizioni espresse in precedenza da parte dell’autorità di vigilanza in materia di estrenalizzazione. Ad analoghe conclusioni sembra giungere il Tribunale di Treviso secondo cui “le società sub-delegate o special servicers non iscritte all’albo ex art 106 TUB, ma dotate solamente dall’autorizzazione ex art 115 TULPS, non possono essere legittimate alla riscossione di crediti cartolarizzati”[4]. Significativa, tuttavia, al riguardo, è la precisazione effettuata dal citato Tribunale per cui tale principio non si pone in contrasto con quanto stabilito dal decreto del Ministero Economia e Finanze del 2 aprile 2015 n.53 “Regolamento recante norme in materia di intermediari finanziari in attuazione degli artt. 106, c.3, 112, c.3, e 114 del d.lgs. 1.9.1993, n.385”, il cui art. 2, comma 2, fa riferimento alle “attività di recupero stragiudiziale di crediti”, attività diversa da quella di “riscossione dei crediti ceduti” di cui all’art. 2, commi 3 e 6 della legge 30 aprile 1999, n. 130.
4. L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 7243 del 18 marzo 2024. La Suprema Corte, con la citata ordinanza, si è pronunciata, come si è detto, sulle conseguenze derivanti dalla omessa iscrizione all’albo ex art. 106 Tub da parte dei soggetti concretamente incaricati della riscossione dei crediti cartolarizzati, fornendo alcune chiarificazioni importanti, in particolare sul profilo di interesse pubblico delle norme in questione anche alla luce di una specifica regolamentazione (e, quindi, valutazione) delle stesse da parte della preposta autorità di vigilanza. In dettaglio, secondo la società ricorrente, dal combinato disposto degli artt. 2, comma 6, l. 30 aprile 1999, n. 130, e 106 TUB – secondo cui, come si è detto, il servizio di riscossione dei crediti ceduti nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione è riservata in via diretta a banche o intermediari finanziari iscritti nell’albo degli intermediari finanziari – emerge la nullità del conferimento dell’incarico di recupero (anche forzoso) dei crediti ad un soggetto diverso dai predetti e che tale invalidità, che affligge il mandato, si ripercuote sugli atti compiuti nell’esercizio dell’attività. La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto tale eccezione artificiosa e destituita di fondamento. La tesi del ricorrente, non condivisa dalla Suprema Corte, ravvisa nelle citate disposizioni norme imperative inderogabili, in quanto poste a presidio di interessi pubblicistici, con la conseguente nullità, sotto il profilo civilistico, dei negozi intersoggettivi (cessione, mandato, ecc.) e degli atti di riscossione compiuti in loro violazione. Sul punto, la Suprema Corte osserva come in relazione all’interesse tutelato, qualsiasi disposizione di legge, in quanto generale e astratta, presenta profili di interesse pubblico, ma ciò non basta a connotarla in termini imperativi, dovendo pur sempre trattarsi di «preminenti interessi generali della collettività» o «valori giuridici fondamentali». Il mero riferimento alla rilevanza economica (nazionale e generale) delle attività bancarie e finanziarie non vale di per sé a qualificare in termini imperativi tutta l’indefinita serie di disposizioni del cd. “diritto dell’economia”, contenute in interi apparati normativi (come il TUB o il TUF). Peraltro, ad avviso del Collegio, gli artt. 2, comma 6, della Legge 30 aprile 1999, n. 130, e 106 TUB non hanno alcuna valenza civilistica, ma attengono alla regolamentazione (amministrativa) del settore bancario (e, più in generale, delle attività finanziarie), la cui rilevanza pubblicistica è specificamente tutelata dal sistema dei controlli e dei poteri (anche sanzionatori) facenti capo all’autorità di vigilanza (cioè, alla Banca d’Italia) e presidiati anche da norme penali. Pertanto, non vi è alcuna valida ragione per trasferire automaticamente sul piano del rapporto negoziale (o persino sugli atti di riscossione compiuti) le conseguenze delle condotte difformi degli operatori, al fine di provocare il travolgimento di contratti (cessioni di crediti, mandati, ecc.) o di atti processuali di estrinsecazione della tutela del credito, in sede cognitiva o anche esecutiva (precetti, pignoramenti, interventi, ecc.), asseritamente viziati da un’invalidità “derivata”. In conclusione, la Suprema Corte, anche richiamando le argomentazioni e statuizioni di un precedente pronunciamento delle Sezioni Unite[5], ha statuito come dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 TUB del soggetto concretamente incaricato della riscossione dei crediti non deriva alcuna invalidità, pur potendo tale mancanza assumere rilievo sul diverso piano del rapporto con l’autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici (titolo VIII, capo I, del TUB). Inoltre, la tesi espressa dai giudici della Cassazione sembra porsi in piena coerenza con gli orientamenti espressi in materia dall’autorità di vigilanza e con la conseguente prassi di mercato invalsa nell’ultimo decennio. Ci si riferisce in particolare alla scelta del Servicer di delegare al Sub-Servicer talune funzioni, nel rispetto dei limiti, di cui si è dato conto in precedenza, individuati dalla Banca d’Italia.
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[1] Cfr. Trib. di Firenze, 6 luglio 2023, n. 2094, in www.dirittodelrisparmio.it; conforme Trib. Messina, 21 dicembre 2023, n. 2478, in www.ildirittodelrisparmio.it; Trib. di Bergamo, sentenza n. 1081 del 10 novembre 2023.
[2] Cfr., altresì, Trib. Monza, Sez. Es. Imm., 19 febbraio 2024
[3] Trib. di Viterbo, ordinanza del 27 maggio 2023.
[4] Trib.di Treviso del 18 dicembre 2023.
[5] Cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 16.11.2022, n. 33719, in www.dejure.it.